Nel cuore della chiesa di Santa Caterina, l’allestimento trasforma lo spazio sacro in un altare della memoria. Quattordici Polaroid in bianco e nero, racchiuse in buste trasparenti, pendono da un filo dorato che segna l’ingresso dell'absidiola. Ogni immagine custodisce frammenti di vite sospese nel tempo.
L’allestimento, minimalista e intimo, dialoga profondamente con il contesto storico e spirituale della chiesa. Le fotografiche, avvolte in sottili involucri trasparenti, evocano un senso di fragilità e transitorietà. Al centro dell’absidiola, su un piedistallo velato dall’ombra, si erge la statua della Madonna, presenza silenziosa che osserva e custodisce. Icona di amore e compassione, il suo sguardo abbraccia le immagini sospese, testimoni di storie che trovano voce in questo santuario di memoria, dove il calore dell’accoglienza divina si contrappone alla fragile caducità dell’esistenza umana.
Le superfici trasparenti e lucide interagiscono con la luce della chiesa, dando vita a giochi di riflessi e ombre. La luce anima le immagini, rendendole eteree, mentre i riflessi inducono chi osserva a interrogarsi su ciò che si cela dietro ogni volto. La luce si fa simbolo di speranza e rivelazione, trasformando lo sguardo dello spettatore in un’esperienza in continua evoluzione, come il legame personale con la memoria e le storie narrate. Il filo dorato si tende come un legame invisibile e indissolubile, a ricordare che ogni storia appartiene a un orizzonte più ampio. Le immagini sembrano fluttuare come anime in bilico tra il terreno e lo spirituale. La loro disposizione libera e non gerarchica suggerisce l’uguaglianza di ogni vita, al di là di ogni contesto storico o personale. Sullo sfondo, il muro affrescato e consunto dall’usura diventa a sua volta testimone di memorie, intrecciando la propria storia con quella delle immagini.